INFANZIA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI
Con Massimo D’Agnano, Andrea Del Bianco, Fabrizio Favale
Liberamente tratto da Infanzia di San Francesco d’Assisi di Hermann Hesse
con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna e Gammarad Italia.
Foto Leonardo Regano
“Qualcosa non va, bambino mio?”
“Ho fatto qualcosa di male.”
“Di molto male, Francesco? Dimmelo.”
“Oggi ho colto quasi tutti i tuoi fiori. Quelli azzurri, i grandi, non ci sono più.”
Questo spettacolo è adatto alla rappresentazione all’aperto, in particolare piazze, chiostri, scalinate, vicoli. E’ disponibile sia nella versione invernale che estiva.
Questo lavoro vuole gettare uno sguardo su un ipotetico pomeriggio, tardo e sonnolento, nelle strade di Assisi, del 1193. Là, nei vicoli, ai piedi della scala d’accesso alla casa, sui sassi polverosi, e poi nel giardino dei gladioli violetti, e ancora di là, seguendo una masnada di bambinetti capitanati da un dodicenne lunatico, che guidò una danza davanti al Duomo, come non si concedeva più da qualche anno, una giocosa cerimonia religiosa infantile che per un istante si trasformò in un innocente baccanale. Quel dodicenne era “Cesco”, per la mamma. Francesco, per i compaesani. Sarebbe diventato San Francesco d’Assisi, per tutti gli altri.
Recensioni
San Francesco in danza, dunque, perché Favale è coreografo inventivo e essenziale, capace di raddensare, astrarre, trasformare suggestioni letterarie, epiche, mistiche (ha lavorato sui poemi sacri indiani) o d’altra natura in danza pura. Qui gioca, con i suoi compagni, en plein air, tenendosi con la villa alle spalle e inoltrandosi nel parco, tra alberi d’alto fusto e cespugli, tra odori di menta. Una coperta militare d’altri tempi copre tre o quattro corpi giovani e abbandonati. Qualcuno si lancia in un ballo essenziale. Parecchie patate vengono lanciate verso il pubblico, tra il divertimento di un gruppetto di ragazzini. Poi una danza d’uccelli (astratti uccelli, danzatori con qualche piuma su un braccio, con nastri a cingere i capelli), su zoccoli di legno, con le pose di una giga contadina, la ritmicità e la dolce astrazione di uno spettacolo balinese, con musica elettronica che apre orizzonti d’estremo oriente, mescolanza e trasformazione. Poi si va nel parco, con i bimbi che accompagnano entusiasti e birichini i danzatori, fino a una danza con piume e fronde sotto i rami di un grande albero, mentre le tenebre scendono e lo spettacolo rivela un’altra città, un bosco diventa il giardino, un perdersi, ritrovarsi, cercare un contatto con la terra, con quei piedi che battono, con questo sottile profumo di resina.”
di Massimo Marino