ALBERI
Musiche originali di Teho Teardo
Assistente alla coreografia Andrea Del Bianco
Una co-produzione Le Supplici, Danae Festival Milano, Teatri di vita Bologna
Con: Jari Boldrini, Andrea Del Bianco, Fabrizio Favale, Stefano Roveda
Collaborazioni tecniche Alberto Trebbi
Con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna
Cango Cantieri Goldonetta Firenze, Raum Bologna, Fienile Fluò Bologna, Spazio Danza Bologna
Foto Cristina Crippi
Questo lavoro passa da situazioni d’estrema essenzialità e astrazione al frastuono selvaggio di maschere, travestimenti e strumenti musicali, talvolta presi in prestito dal folklore europeo e suonati dal vivo dai danzatori stessi.
PRESENTAZIONE
di Fabio Acca
“Con il suo “Alberi” Fabrizio Favale ci ha fatto definitivamente intendere quale sia il motivo che sta alla base dei suoi riferimenti eschilei. Nella cultura occidentale la tragedia di Eschilo non è altro che l’impronta di quella soglia perduta tra rituale e rappresentazione, tra apparizione divina e assoggettamento di questa al divenire umano. Gli “alberi” di Favale sono figure totemiche, che bastano per la sola ragione che appaiono dall’ombra con tutta l’autorevolezza di un impossibile rituale. Sì, i richiami a figure antropologicamente coerenti esistono, ma sono sottoposti a una originale reinvenzione e a un congelamento estetico in una frontalità magica.”
RASSEGNA STAMPA
I RICAMI DI DANZA DI FABRIZIO FAVALE
di Massimo Marino – pubblicazione Corriere di Bologna 30/06/2013
“Da qualche anno Fabrizio Favale mette in corto circuito con la natura la sua danza astratta, fatta di energie e ghirigori di movimenti simili a ricami, di sospensioni, fughe e intrecci di corpi. Nell’Infanzia di San Francesco d’Assisi il gesto diventava tensione al volo tra versi e costumi d’uccelli; in Isolario era trascorrere di stormi e di nuvole in cieli di arcipelaghi persi nel mare. Ora, nel suo nuovo Alberi le figure calano l’ambiente in un’atmosfera mitica. I volti vengono cancellati da maschere, la stessa sembianza umana sembra volersi dissolvere nella natura. I danzatori dialogano anche da lunghe distanze, con apparizioni di figure che rimandano a feste popolari delle Alpi o a danze di fantasmi da teatro giapponese. L’aspirazione è a un ritmo incantatorio, che ogni tanto si dissolve nel buio, accendendosi pure in momenti magici, con i danzatori che creano risonanti ideogrammi da decifrare nell’intimità di se stessi.”